Un gusto.
Una musica.
A volte anche solo una parola.
Ci sono momenti in cui ci sentiamo stranamente bene...
a casa, mi viene da dire.
Sono momenti in cui riviviamo sensazioni piacevoli che ci resero felici in passato.
Il confine ultimo della malinconia, forse...
o semplicemente del ricordo.
Del bel ricordo.
Questo è quello che ho provato leggendo SUL PIANETA PERDUTO.
La sensazione di essere a casa.
Prima di tutto, una precisazione: sono un fan della fantascienza, ma non di tutta.
Per farmi immediatamente dei nemici potrei dire, per esempio, che non ho mai amato Asimov.
Al contrario adoro Heinlein.
Dick mi annoia.
Bradbury mi cattura.
Non so da cosa siano determinante queste mie preferenze, forse da un forte, fortissimo inprinting che ebbi con questo genere e che avvenne nel salotto di casa mia, molti anni fa, davanti al televisore.
Avevo infatti poco più di cinque anni quando incontrai per la prima volta lui...
...e, probabilmente, la fantascienza più in generale.
E mentirei se dicessi che nel bellissimo romanzo a fumetti di Serra e Bacilieri non si respira un po' di quella magica aria che si respirava in CONAN, RAGAZZO DEL FUTURO.
Ovviamente a quell'epoca non avevo la minima idea di chi fosse Hayao Miyazaki.
Sapevo solo che la sua creatura animata mi rapiva e mi affascinava.
Mi teneva incollato allo schermo facendomi fare il tifo per quel ragazzino con gli alluci prensili e le espressioni buffe.
Mi faceva stare bene, insomma.
Quella sensazione è tornata viva dentro di me mentre sfogliavo Sul Pianeta Perduto.
Tanto che, vero o no che sia, ho trovato nel romanzo altri mille riferimenti che, con la poesia che solo il ricordare un'età in cui non si ha altro da fare che guardare i cartoni può generare, hanno reso la mia lettura avida e malinconica.
Piacevolmente malinconica.
Sono quasi sicuro infatti di aver incrociato in quelle pagine alcune sequenze di volo ispirate a Nausicaa della Valle del Vento.
E di Nausicaa e di altre opere del maestro giapponese c'è anche sicuramente la tematica del difficile rapporto umano con la natura e l'industrializzazione.
In alcuni characters mi è sembrato di scorgere un pizzico di Where The Wildthings Are.
E in una sequenza mi sono capitate davanti agli occhi alcune astronavi che mi hanno subito riportato in viaggio con Capitan Futuro.
Ripeto, non so se tutti questi riferimenti siano reali o se si siano attivate nella mia mente delle sinapsi alimentate dal piacevole ambiente che questa lettura ha creato attorno a me, ma è stato un bel viaggio.
Un viaggio che decisamente vi consiglio, pieno di emozioni nuove... dal sapore antico.
Il sapore di quelle storie che si leggono di rado ormai.
Se appartenete alla mia generazione e avete avuto un inprinting simile al mio, datemi retta: non perdetelo.
Anche perchè, e stavolta è vero, non è frutto della mia malinconia, questo è il primo fumetto della storia ad avere una sigla di coda, con tanto di sequenza muta mentre l'orchestra in sottofondo suona e un robot fan di John Williams dirige.
Non ci credete?
Provare per credere.
Ma non chiudete il libro troppo presto, perchè dopo i titoli di coda, proprio come qua, c'è ancora una piccola ma fondamentale tag finale.
Cheeeeeeeeeeeeeers.
3 commenti:
Anche solo un motivo per cui hai fatto male a non venire a Lucca: la spassosissima presentazione di "Sul pianeta perduto" fatta da Serra e Bacilieri nella Camera di Commercio.
Eh... me lo hanno voluto dire :)
Thanks grreat post
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