Ottimi amici.
Ma quelli che frequento di più e con più continuità sono sicuramente quelli della famiglia REFUSI.
Non sono io a cercarli, spesso sono loro a trovare me.
E quando lo fanno rimangono lì, impassibili, come un impietoso monito nei mie scritti.
Il motivo?
Non lo so.
Quello che so è che io leggo e rileggo, ma loro ci sono sempre.
SEMPRE!
E il mio sguardo stanco (o forse abituato, rassegnato, sconfitto), dopo un po', non li vede nemmeno più.
Sono presenti nelle mie sceneggiature, ci sono nei miei libri, ne avrete visti di sicuro anche qui, nel mio blog.
Scommetterei 28 eurocent che ne ho piazzatto qualcuno anche in questo post.
No, qeusto non vael. L'ho fatot apoptsa.
E non mi nascondo dietro a quel giochino dove ti cambiano tutte le lettere delle parole e tu riesci a leggere ugualmente dando un senso compiuto alla frase.
Non ci penso nemmeno, altrimenti vale tutto e anche i discorsi di Di Pietro hanno un significato.
Mi è simpatico Di Pietro.
Lui è come me, ma lo fa parlando.
Un livello superiore.
Comunque, i refusi, dicevo.
Sono la mia nemesi.
E se mi leggete, anche la vostra, adesso.
Quindi?
Che fare?
No, non ho una risposta brillante, lo sto chiedendo davvero a voi, che fare?
Forse, per aiutare gli Sceneggiatori Afflitti da Grave Disfunzione da Refuso, potete fare un versamento alla SAGDR.
Ma non lamentatevi quando scoprirete che il contro corrente dell'associazione non esiste, ma è in realtà intestato a me medesimo.
Davvero: non lo faccio volontariamente.
Riguardo e correggo le mie cose più e più volte, sempre sempre.
A questo punto la domanda vi sporgerà spontanea per cui, dai, suvvia, fatemela!
In coro:
"se riguardi e correggi le tue cose sempre sempre, nella prima versione che butti giù,
c'è almeno una sola parola scritta correttamente senza un refuso?".
Ehm...
non prende più...
dev'essere caduta la linea.
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